1. Nel processo penale a carico di minorenni l'autorità giudiziaria, preferibilmente prima di promuovere l'azione penale, può fare ricorso, con il consenso delle parti, alla mediazione giudiziaria, se ritiene che tale misura permetta di ottenere, a seguito dell'incontro tra imputato e persona offesa dal reato, il superamento del conflitto determinatosi tra loro e la conciliazione, conseguendo in tal modo il risultato di porre fine al pregiudizio subìto dalla vittima, di eliminare il disordine sociale determinato dalla violazione della legge e di contribuire al recupero dell'autore del reato.
2. La mediazione giudiziaria penale è finalizzata a realizzare, altresì, la conciliazione sugli aspetti riparatori e risarcitori conseguenti al reato nei casi più gravi e quando comunque ciò risulti necessario per conseguire la finalità indicata al comma 1.
1. Nei procedimenti camerali civili di competenza del tribunale per i minorenni, l'autorità giudiziaria, preferibilmente prima dell'esercizio del potere d'iniziativa disciplinato dall'articolo 336, primo comma, del codice civile, può fare ricorso, con il consenso delle parti, alla mediazione giudiziaria, al fine di tutelare in modo più adeguato l'interesse del minore e, attraverso l'incontro dei soggetti coinvolti nella controversia, ottenere la risoluzione di essa, la conciliazione degli interessati e il raggiungimento di un accordo che eviti il procedimento giudiziario o ponga fine al medesimo.
2. Nei procedimenti di cui al comma 1 la mediazione può essere attuata allo
1. Nel caso di ricorso alla mediazione, l'autorità giudiziaria si avvale dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia e dei servizi di assistenza degli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, per informare l'imputato e la persona offesa dal reato in caso di processo penale, ovvero i soggetti della controversia in caso di procedimento civile, sul contenuto e sui fini di essa, per acquisirne il consenso, per assisterli nel tentativo di mediazione, nonché per ricevere notizie sull'esito del medesimo, nel caso in cui esso abbia luogo.
2. Il Ministero della giustizia e le regioni, anche nell'ambito dei programmi di formazione e di aggiornamento previsti dall'articolo 14 delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, realizzano appositi corsi congiunti per gli operatori minorili diretti alla sensibilizzazione alle attività preparatorie alla mediazione.
1. L'incarico di espletare la mediazione giudiziaria in ambito minorile può essere attribuito a uno dei servizi indicati dall'articolo 3, a condizione che essi siano stati esplicitamente dichiarati idonei dalla commissione per il coordinamento delle attività dei servizi minorili dell'amministrazione
1. Allo scopo di realizzare un'adeguata tutela dei diritti e degli interessi della persona minore offesa dal reato, le regioni istituiscono appositi servizi sociali atti a fornire tempestivamente il primo urgente soccorso e ad offrire, se necessarie, ospitalità e accoglienza per il superamento del
1. Nel caso in cui l'attività di mediazione determini la conciliazione tra l'imputato e la persona offesa dal reato e, ove ritenuta necessaria, l'attuazione di condotte riparatorie e risarcitorie, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo, chiede al giudice sentenza di irrilevanza del fatto ai sensi dell'articolo 27 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e successive modificazioni. Ove, malgrado l'esito positivo della mediazione, il giudice ritenga di dover acquisire ulteriori elementi per valutare la personalità del minorenne e, in ogni caso, per i reati più gravi, dispone con ordinanza la sospensione del processo e la messa alla prova ai sensi dell'articolo 28 delle citate disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, e successive modificazioni.
2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo si intendono per reati più gravi quelli indicati dall'articolo 380, comma 2, lettere e), e-bis), f), g), h), l-bis) e m), del codice di procedura penale, nonché i reati previsti dagli articoli da 609-bis a 609-decies e 734-bis del codice penale.
3. Nel caso di reati diversi da quelli di cui al comma 2, ove la mediazione abbia avuto esito positivo, la messa alla prova, eventualmente disposta, non può avere durata superiore a centottanta giorni.